Ci siamo mai chiesti qual è la nostra principale motivazione esistenziale? O qual è l’elemento che rappresenta la molla che ci spinge a fare, creare, andare avanti con entusiasmo? Porsi queste domande è fondamentale per trovare le ragioni più profonde che alimentano quotidianamente la nostra felicità. Per il solo fatto di formulare questi interrogativi riusciamo a essere più distaccati e meno coinvolti dai ritmi frenetici. Abbiamo tutti bisogno di dare un senso alla nostra vita. Un senso che va oltre la dimensione materialistica; un senso che non dipende da quali e quanti oggetti o soldi abbiamo a nostra disposizione. La felicità, piuttosto, è in stretta sintonia con le nostre vere passioni e con il nostro modo di rapportarci a noi stessi, agli altri e al mondo circostante. Ognuno può vivere un’esistenza ricca di significato: l’elemento chiave è individuare il motivo o i motivi che ci spingono ad alzarci la mattina con entusiasmo. In altri termini, è importante scoprire quale forza interiore ci motiva a dare forma, concretezza, bellezza e armonia alla nostra vita. Possiamo fermarci e chiederci “quale forza mi fa sorridere, mi fa affrontare gli ostacoli esistenziali, mi fa assaporare ogni istante?”.
Energia vitale e longevità
Regolarmente vengono portati avanti studi per esplorare i fattori che alimentano la felicità. Tra le indagini più recenti troviamo quelle condotte dal ricercatore e autore statunitense Dan Buettner, il quale ha analizzato le cosiddette “blue zones”, ovvero quelle regioni del pianeta dove le persone raggiungono età particolarmente avanzate. Una di queste “zone blu” è Okinawa, considerata un’eccezione rispetto al resto del Giappone. I suoi abitanti conducono una vita sana, attiva, sono allegri e hanno una speranza di vita molto alta: in media 87 anni per le donne e 79 anni per gli uomini. Gli studi condotti da Dan Buettner e da altri ricercatori mettono in evidenza come gli abitanti di queste “zone blu” soffrano meno di malattie tipiche della vecchiaia – quali demenza senile e Alzheimer – rispetto ad altre nazioni sviluppate, come gli Stati Uniti. Da queste analisi è emersa la stretta correlazione tra i fattori che incrementano la felicità nelle persone e la loro longevità. Chi si sente realizzato, chi percepisce di avere una vita piena e soddisfacente – sia esso un pescatore, una maestra d’asilo, una mamma, ecc. – ha un’alta aspettativa di vita. Partendo dal Giappone e da Okinawa possiamo quindi capire i segreti del legame tra felicità e longevità.
Un’esistenza ricca di significato
In Italiano o in altri idiomi occidentali non esiste un unico e determinato termine che possa indicare “la gioia di vivere” o “la ragion d’essere”. In Giappone troviamo questa magica parola, ovvero “ikigai”, che sintetizza appieno la bellezza di esperire in modo concreto una vita appagante. “Ikigai” indica molti concetti, comunque tutti connessi al senso più profondo della piena realizzazione di sé. Ikigai signfica: “la gioia di fare le cose che rendono la vita degna di essere vissuta”, o anche “la ragione per cui vale la pena esistere”, o ancora “ la realizzazione di sé e l’automotivazione”. Si tratta di una filosofia e al contempo uno stile di vita che porta le persone a sentirsi pienamente vivi, soddisfatti, felici. Il livello di ikigai varia da soggetto a soggetto, da comunità a comunità. Per alcuni individui è difficile, se non decisamente arduo, individuare il proprio ikigai. In un ambiente sociale complesso e carico di parecchie distrazioni, incombenze e condizionamenti, non per tutti è facile capire qual è davvero la propria passione, o la propria motivazione esistenziale. Le ricerche condotte sull’isola di Okinawa ci aiutano a comprendere quali sono gli elementi che contribuiscono a dare un senso profondo alla nostra esistenza.
L’isola dei centenari felici
Okinawa è una delle isole più grandi del Giappone. È circondata dalle acque blu cobalto dell’oceano Pacifico e il nord dell’isola è ricoperto da verdi foreste lussureggianti. Una ricerca del 2006 pubblicata sul “Journals of gerontology Series A” ha messo in evidenza una percentuale molto alta di centenari sull’isola (oltre 50 centenari per ogni 100mila persone) rispetto ad altre zone con diffuso benessere. Dallo studio è emersa poi la bassa incidenza di malattie cardiovascolari sul tasso di mortalità tra gli uomini e soprattutto tra le donne di Okinawa (le patologie coronariche sono per esempio molto più elevate negli Stati Uniti). Questi dati si spiegano considerando lo stile di vita degli abitanti dell’isola; uno stile che include un’alimentazione basata in prevalenza sul consumo di legumi, cereali integrali, tofu, alghe marine, frutta. Molti isolani hanno un orto, dove vi coltivano le verdure (a foglia verde, poi cavoli, zucche, cipolle, daikon) di cui poi si nutrono. Oltre al cibo sano, gli abitanti di Okinawa sono attivi. Gli anziani praticano sport, tai chi, karate, altri continuano a coltivare la passione per il ballo. Questa vitalità fa rima con comunità, cioè le persone non si rinchiudono soli nelle proprie case, ma mantengono i loro rapporti sociali. Il senso di appartenenza a una comunità è elemento imprescindibile per una buona qualità di vita. Gli abitanti di Okinawa provano un profondo appagamento interiore, percepiscono gioia e serenità, tutti fattori che contribuiscono a mantenere inalterati la loro energia e il loro ottimismo. Dalle ricerche è emerso che la maggior parte degli isolani sanno perfettamente quale sia il loro ikigai, qual è il senso della loro vita, qual è l’aspetto esistenziale che li spinge ogni mattina ad alzarsi con entusiasmo. In pratica, sanno quale attività o quale obiettivo è davvero rilevante e per la quale o per il quale vale la pena dedicarvisi. Per esempio, come ha messo in evidenza il già citato Dan Buettner durante una conferenza gestita dall’organizzazione non-profit The Sapling Foundation, “l’ikigai di un insegnante di karate consiste nel trasmettere il suo sapere ai propri allievi; […] l’ikigai di un pescatore centenario consiste nell’andare a pesca tre volte a settimana per nutrire la sua famiglia”. Ognuno trova il proprio ikigai e vive in accordo con esso. Ma chi non lo ha ancora ben individuato, come può riconoscerlo? Vediamolo insieme.
Porsi domande precise
Per esplorare se stessi possiamo ricorrere a esercizi che prevedono associazioni mentali, visualizzazioni, utilizzo di immagini. Si può partire in modo semplice rispondendo alle seguenti quattro domande fondamentali :
Cosa adoro fare? Qual è la mia passione ?
Quali sono le mie qualità, i miei talenti? Qual è la mia vocazione?
Qual è il servizio, la professione per cui posso e voglio essere remunerata/o?
Qual è la mia missione in questa società?
Queste domande possono essere utilizzate per formare uno schema, dal quale emerge un’intersezione tra passione, vocazione, professione e missione. Da questa intersezione possiamo individuare l’ikigai, la ragion d’essere che costituisce la linea dinamica della nostra esistenza. Dal grafico (si veda lo schema dell’ikigai) emerge che la forza che dà senso alla nostra vita sarà tanto più intensa e concreta quanto più le nostre passioni si integrano con la nostra professione, con le nostre capacità e con le richieste sociali. Riconoscere il proprio ikigai non significa affatto cambiare tutto di sé, bensì vuol dire prendere coscienza di chi si è e capire ciò che fa nascere dentro di sé la gioia, in accordo sia coi propri valori e talenti, sia con le necessità del mondo.
Silvia C. Turrin
La ricerca del nostro tesoro interiore prosegue per tutta la vita. Di
quando in quando e opportuno verificare quali componenti del nostro
ikigai conservano tutta la loro pregnanza e quali invece vanno
adeguate alle nuove circostanze in cui ci troviamo a vivere oppure a
un cambiamento interiore.
Bettina Lemke
Letture per approfondire
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Bettina Lemke, Ikigai. Il metodo giapponese. Trovare il senso della vita per essere felici, Giunti Editore, 2017
-
Héctor Garcia,Francesc Miralles, Il metodo Ikigai. I segreti della filosofia giapponese per una vita lunga e felice, Rizzoli, 2018