Segnalo con piacere sul mio sito l’articolo di Andrea Tornielli dedicato a Nyerere e al mio nuovo libro.
L’articolo è on line sul sito de lastampa.it
La biografia di Julius Nyerere, capo di Stato della Tanzania, candidato agli altari: il suo esperimento affascinò il giovane giuslavorista italiano Marco Biagi
Andrea Tornielli
Città del Vaticano
Un politico di sinistra, cattolico convinto, fautore di una via africana al socialismo. Un candidato agli altari, per il quale nel 2006 si è aperta la causa di beatificazione. Arriva in libreria in questi giorni il saggio di Silvia Cinzia Turrin, «Nyerere, il maestro. Vita e utopie di un padre dell’Africa, cristiano e socialista» (Editrice Missionaria Italiana, pp. 138, euro 11) che in tempi di antipolitica riporta alla ribalta la figura di questo politico cattolico africano divenuto cristiano a 21 anni, traduttore di Shakespeare in swahili e presidente della Tanzania dal 1962 al 1985.
Julius Nyerere, uno degli indiscussi protagonisti dell’Africa del Novecento, primo presidente del Tanganica indipendente (9 dicembre 1962), che diventerà poi la Tanzania grazie all’unificazione con Zanzibar. Nella sua proposta politica, una forma compiuta di «socialismo cristiano-africano», ha cercato di fondere i principi del socialismo e quelli della Dottrina sociale della Chiesa.
Al centro del progetto di Nyerere c’è il concetto di «ujamaa» (comunitarismo familiare), che lui traduceva in «famiglia estesa», una sorta di villaggio che poteva variare da una cinquantina a cinquecento persone. Nyerere puntava sulla valorizzazione del tessuto sociale africano e al contempo sul rifiuto dell’idea che, anche dopo il periodo coloniale, un Paese africano potesse dipendere in qualche forma da un altro stato occidentale. L’ideale di «ujamaa» esaltava – scrive l’autrice – «lo spirito di fratellanza tipico delle società africane».
Certo, la Tanzania di Nyerere appoggiava sulla disciplina del partito unico, ma la sua esperienza, che faceva perno sull’agricoltura rurale, ha rappresentato una via nuova e inedita della decolonizzazione africana e il Paese è arrivato all’indipendenza – e ci è rimasto – in forma pacifica, a differenza di tante altri del Continente Nero.
Il cattolico Nyerere, pur critico con quella Chiesa «ancora governata da leader che provengono dagli stati capitalisti dell’Occidente sviluppato», condannava – scrive l’autrice della biografia – i governi che ufficializzano l’ateismo, perseguitano i credenti di qualunque fede e rendono impossibile l’insegnamento della religione». «Non ho mai considerato i sovietici veri socialisti – affermava – In Tanzania abbiamo affermato molto limpidamente: non c’è socialismo senza libertà».
Il bilancio dell’esperienza socialista di Nyerere è stato dato da lui stesso – ricorda Cinzia Turrin – in alcuni semplici dati: «Abbiamo ereditato un paese con l’85% della popolazione adulta analfabeta. Gli inglesi ci avevano governato per 43 anni. Quando se ne sono andati, c’erano 2 ingegneri e 12 medici. Quando mi sono dimesso (1985, ndr), c’era il 91% della popolazione alfabetizzata e quasi tutti i bambini andavano a scuola. Abbiamo formato migliaia di ingegneri, medici e insegnanti. Nel 1988 il reddito pro capite della Tanzania era di 280 dollari. Nel 1998 è diventato di 140 dollari. Ho chiesto alla Banca mondiale: come mai avete fallito? Negli ultimi 10 anni (1988-1998) la Tanzania è andata firmando tutto ciò che l’Fmi e la Banca mondiale volevano…».
L’esperienza di socialismo africano di Nyerere attirò l’attenzione di Marco Biagi, il giusvalorista italiano ucciso nel 2002 dalle Nuove Brigate rosse. Nel 1973, allora ventenne, fece un viaggio in Tanzania e pubblicò alcuni articoli su «L’Avanti» descrivendo la situazione del Paese africano. Due di questi sono riprodotti in appendice del libro.
Su «L’Avanti» Biagi scriveva: «Nel complesso si può dire che specialmente il clero cattolico si è schierato senza riserve a favore del programma di Nyerere, appoggiando in modo massiccio lo sforzo del governo: ciò è stato reso ulteriormente più facile dal fatto che Nyerere stesso fa pubblica professione di fede cristiana-cattolica, esaltando molto spesso il ruolo della religione in una società africana organizzata su basi socialiste. Questo è un punto di estremo interesse e di estrema originalità in uno stato socialista, anche perché ha permesso al governo di avere la chiesa locale alleata nel debellare le forme neocolonialiste che certe organizzazioni missionarie hanno al proprio interno, mentre nel contempo ha consentito ai leader tanzani di evitare brusche rotture con queste organizzazioni che ancora sono l’unica forma di assistenza sanitaria per molte popolazioni delle aree agricole dove non sono ancora giunti gli aiuti governativi in materia».