La natura ci ama, siamo noi che non lo capiamo e continuiamo ad adottare comportamenti e modelli sociali che la danneggiano. La natura ci fa del bene anche quando noi semplicemente camminiamo all’interno di una foresta, di un parco, in uno spazio verde. Molte ricerche (si vedano per esempio vari studi compiuti in Giappone dal dottor Yoshifumi Miyazaki) dimostrano come il nostro organismo stia meglio dopo una giornata trascorsa passeggiando tra gli alberi: il sistema immunitario viene rafforzato, lo stress diminuisce, avviene una diminuzione della pressione arteriosa, solo per citare alcuni effetti positivi di un’immersione nei boschi.
Abbiamo un legame atavico con la natura, dimostrato dal nostro processo evolutivo. Solo negli ultimi due secoli questo legame si sta in qualche modo indebolendo, allentando, deformando e gli effetti deleteri si vedono. Quel legame è stato definito “biofilia” da Edward O. Wilson, biologo statunitense da anni impegnato negli studi sulla biodiversità.
Proprio questo argomento è il fulcro centrale del libro di Clemens G. Arvay dal titolo “Effetto Biofilia” (Macroedizioni), in cui emerge chiaramente come noi esseri umani non siamo altro che parte integrante (ma non fondamentale, né indispensabile) della rete della vita composta da varie specie animali e vegetali. Senza questa “rete” l’esistenza sul nostro pianeta sarebbe molto diversa e, forse, lo stesso homo sapiens non esisterebbe nemmeno in base al tipo di evoluzione “interrelata” con le altre specie, avvenuta sulla Terra.
L’Autore, biologo austriaco, mette in evidenza quanto il nostro legame con alberi e piante sia indispensabile, fonte di vita e di vitalità. Nel volume vengono citati e spiegati diversi studi che mettono in luce l’importanza della natura per il nostro benessere. Già nel 1984 sulla rivista Science apparve un articolo in cui venivano spiegate le ricerche portate avanti dal dottor Roger Ulrich: egli ha dimostrato come la guarigione in ospedale venga accelerata se il paziente si trova in una camera con vetrate che guardano verso un giardino, un parco, o semplicemente verso un angolo in cui svetta un bell’albero.
Grazie alla sola presenza e alla vista della pianta, il paziente si sente meglio: le complicazioni post-operatorie diminuiscono o sono meno intense e anche l’impiego di antidolorifici risulta inferiore. Tutto ciò deriva da vari elementi, come sottolinea Clemens G. Arvay. Le piante comunicano con il nostro sistema immunitario. Merito dei terpeni bioattivi, sprigionati dagli alberi, che interagiscono con il nostro organismo, sia indirettamente sia direttamente, aumentando per esempio le note cellule killer con cui vengono rimossi, o aggrediti i virus e altri agenti patogeni.
Clemens G. Arvay con un linguaggio semplice e preciso, con numerosi riferimenti alle ricerche scientifiche, ci spiega quanto sia importante proteggere le foreste e più in generale i vari ecosistemi del nostro pianeta, non solo per motivazioni ecologiche, ma anche per ragioni legate propriamente alla nostra salute. Sulla base della biofilia, possiamo dire che senza il contatto con le piante noi non possiamo considerarci esseri “completi” e “sani”. Abbiamo bisogno del mondo vegetale per star bene e per continuare a evolverci in una direzione consapevole, avendo una visione d’insieme globale.
Clemens G. Arvay ci invita a recuperare il contatto con la Natura, quella Madre che ci ha permesso di muovere i primi passi sul pianeta e di continuare a esistere. La Natura è in questo senso madre, nutrice, fonte di vita. Oggi anche la scienza lo sta dimostrando… Non abbiamo dunque più scuse! Proteggiamo l’ambiente e viviamolo ogni giorno rimanendo in contatto con gli alberi, passeggiando e respirando l’aria benefica di boschi, foreste, parchi, giardini. Come scrisse secoli fa Santa Ildegarda di Bingen (1098-1179): “C’è una forza che viene dall’eternità, ed è verde”.
Viviamo e rispettiamo questa forza verde!
Silvia C. Turrin