Dopo vari progetti interessanti, l’ex tastierista degli Zero 7, firmandosi con il moniker di Pretz, ha realizzato Soundcastles, un disco che svela appieno le sue capacità di tastierista e di creatore di suoni downtempo, in cui emergono suadenti e sincopate sfumature jazzy
Capita talvolta che le semplici comparse, col tempo, riescano a emergere, superando in talento i primi attori, spesso osannati per chissà quali inspiegabili suggestioni. Traslata in musica, questa situazione ricalca perfettamente quanto è accaduto a Neil Cowley. Un nome vagamente noto a quanti ricordano When It Falls, secondo album firmato Zero 7, il cui sound electro-soul e trip-hop è stato arricchito proprio dai suoi giochi sonori con le tastiere. Correva l’anno 2004 quando uscì quel disco. Cowley – seppur offuscato dalla presenza di Sam Hardaker e Henry Binns, artefici del progetto Zero 7 – dimostrava già di possedere un ottimo background artistico, maturato suonando repertori classici (in primis Shostakovich), oltre che ascoltando Ahmad Jamal, Errol Garner e Frank Zappa. Lo slancio creativo si è ampliato e affinato pienamente attingendo a quel filone che trae linfa vitale dal vecchio funk e dalle sonorità Black mescolate al British soul, come dimostrano le sue collaborazioni con The Brand New Heavies e Gabrielle. Proprio mentre gli Zero 7 sfornavano quel disco dai toni talvolta diluiti con melodie troppo morbide e rilassate, Neil Cowley affiancato da Ben Mynott produceva in contemporanea Voices From The Dust Bowl, secondo capitolo dell’interessante, ma effimero progetto Fragile State da lui concepito. Un lavoro che, come il precedente The Facts And The Dreams, lascia emergere una miscela di suoni downtempo ben costruita in cui ondeggiano armoniosamente elettronica, soul e jazz. “Dopo Voices From The Dust Bowl – racconta Cowley – io e Ben ci siamo resi conto che il progetto Fragile State era ormai giunto al capolinea. Una volta definitivamente concluso, avevo ancora molte idee da sviluppare. Ho scritto parecchia musica ed è nato così Soundcastles. Ogni traccia di questo lavoro l’ho sviluppata partendo da un approccio introspettivo. È un album profondamente personale, che riflette anche quei momenti di solitudine vissuti mentre lo componevo. A un certo punto, mi sono infatti trovato praticamente solo in uno studio che avevo montato all’interno di una casa, chiamata Ferrers, circondata da un bellissimo giardino dove passeggiavo durante le pause di registrazione. Ci abitava la zia di mia moglie. La prima traccia del disco, “Goodbye Ferrers”, mi è stata ispirata proprio da quella casa”. Come ormai ci ha abituati, Neil Cowley maschera spesso il suo nome con vari pseudonimi. Per Soundcastles ha voluto scegliere Pretz come moniker, omaggio a un paese delle montagne svizzere. “In quella cittadina vive un mio caro amico. È un luogo meraviglioso dove riesco a rilassarmi e a percepire piacevoli sensazioni. Denominare questo mio progetto Pretz è stato assolutamente naturale. È anche una sorta di tributo per le persone così cordiali che ho conosciuto proprio lì”. Saranno state le suggestioni di quella cittadina svizzera o l’ameno paesaggio in cui era immerso mentre registrava l’album o più semplicemente le sue notevoli capacità di compositore e alchimista delle tastiere, ma il risultato è davvero sorprendente. Nelle dodici tracce non si scorgono ritmi né scontati, né ripetitivi.
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