Si sono spese tante parole – forse anche ripetitive e talvolta troppo stonate – dopo la dipartita da questo mondo di Mr David Robert Jones, in arte David Bowie, “il Duca Bianco”.
È passato ormai un anno dalla sua improvvisa scomparsa, avvenuta il 10 gennaio 2016, dopo soli due giorni dal suo 69° compleanno e dopo l’uscita dell’ultimo atto creativo musicale, Blackstar. In questi 12 mesi, a ben guardare, gli eventi organizzati per tributargli omaggio sono stati numericamente inferiori rispetto a quello che ci si poteva aspettare, considerata la levatura artistica del personaggio. Ma questo non è il tema centrale del presente scritto… sebbene si possa in qualche modo collegare, prendendo in considerazione le “ultime volontà” di Mr Bowie, come la scelta di venire cremato.
Le sue ceneri sono state sparse con rito buddista a Bali.
“Ashes to Ashes” – cenere alla cenere
Il suo amore per l’Indonesia nacque negli anni’80, dopo il fortunatissimo Serious Moonlight Tour.
Una passione per l’Indonesia rafforzata in seguito, come ha svelato in alcune canzoni, tra cui “Tumble and Twirl” dall’album Tonight e “Amlapura” dal secondo lavoro firmato Tim Machine (brano realizzato anche in una versione indonesiana).
I dream of Amlapura
Never saw in all my life
a more shining jewel
I dream of Amlapura
Of an ocean or dream of a princess
in stone
Cenere alla cenere…
Bowie ha scelto di ritornare per sempre in un luogo che ha amato profondamente, l’Indonesia, e in particolare l’isola di Bali. La cremazione con rito buddhista è stata compiuta.
Un rito buddhista?
Ma come? … L’Uomo che cadde sulla Terra, l’uomo che vestì i panni di Ziggy Stardust ha lasciato questo mondo con un rito buddhista?
Bowie era o non era buddhista? Lui che ha attraversato tutte (o quasi) le trasgressioni possibili, assaporando pienamente i piaceri terreni, si può definire buddhista?
Difficile rispondere in modo esaustivo a questa domanda, che comunque passa in secondo piano rispetto alla sua poliedrica creatività e al lascito artistico che ha donato a noi e ai posteri.
Però rimane interessante comprendere quale poteva essere la sua sensibilità religiosa, o perlomeno, quale poteva essere la sua visione filosofica della vita.
Bowie in effetti sembrava essere nel mondo e al contempo lontano dal mondo o non di questo mondo.
Tanti lo hanno definito un alieno, non solo sulla scia di Space Oddity (1969) e di Ziggy Stardust (1972)…
In lui c’era in effetti qualcosa di “diverso”, appunto, di alieno. Lui è stato visto come un outsider, nonostante fama e ricchezza.
Bowie era nel mondo ma non dipendente dal mondo, amava i piaceri della vita ma al contempo era distaccato dalla materia, perché troppo legato alla parte creativa, impalpabile, invisibile della Vita.
Si nutriva di questo spirito creativo che lo ha sempre accompagnato in ogni fase esistenziale.
Ma, ancora, questo spirito creativo era in qualche modo e in parte alimentato da influssi buddhisti?
Sembra che influssi tibetani ci siano stati, come abbiamo scoperto quando Lama Chime Rinpoche, dopo aver saputo della morte di Bowie dichiarò: “Non posso esprimere a parole ciò che sento”… “Sono così triste”…
Pronunciate da Lama Chime Rinpoche queste parole suonano come una carezza lieve che placa ogni dolore.
Ma chi è Lama Chime Rinpoche? Egli, ancora bello arzillo e sorridente – allegro come tanti monaci buddhisti capaci anche di contagiare chi sta loro accanto – fa parte dello stesso lignaggio di Marpa, Naropa e Milarepa… parliamo del lignaggio della Scuola buddhista tibetana Kagyu.
Un lignaggio estremamente importante nella storia tibetana, che ha influenzato, ha affascinato e affascina tanti Occidentali, soprattutto grazie a figure mistiche e mitiche quali Naropa e Milarepa.
Lama Chime Rinpoche nacque nella regione tibetana del Kham e ricevette l’iniziazione della Mahamudra (Il grande sigillo). Lama Chime Rinpoche, un tulku, conobbe Bowie lo stesso anno in cui egli dal Tibet si trasferì in Inghilterra. Per molti anni Lama Chime Rinpoche lavorò alla British Library di Londra, nella sezione di Lingua Tibetana.
David Bowie incontrò, o meglio, cercò e trovò Lama Chime Rinpoche durante la metà degli anni Sessanta, precisamente nel 1965. In quel periodo l’interesse per la filosofia buddhista era molto spiccato nel giovane Bowie, suggestionato tra l’altro anche dagli scritti di Jack Kerouac, in primis I vagabondi del Dharma.
Bowie non ancora maggiorenne iniziò a frequentare la Società Buddhista di Londra rimanendo affascinato da concetti quali l’impermanenza e la plasmabilità della mente.
Concetti e principi che poi, di fatto, ha trasformato in elementi essenziali del suo percorso creativo:
l’impermanenza è a dir poco evidente ascoltando i suoi vari dischi e soprattutto guardando di seguito i video con le sue innumerevoli trasformazioni.
Un’impermanenza che lo ha dunque portato a un cambiamento continuo, ascoltando in modo consapevole il suo flusso di coscienza.
Da “Silly Boy Blue” – Bambino del Tibet/ sei un dono del sole/La reincarnazione di un uomo migliore/La strada verso casa è lunga/Hai lasciato le tue preghiere e canzoni – dall’album eponimo David Bowie (1967), a “Seven Years in Tibet” da Earthling (1997) si percepisce l’interesse di Bowie verso il Tibet e la cultura buddhista. Un interesse in parte evidenziato con Buddha of Suburbia, colonna sonora della serie prodotta dalla BBC basata sull’omonimo romanzo di Hanif Kureishi.
Al di là della musica sempre trasformativa e imprevedibile di Bowie, in lui si osserva la continua impermanenza anche sul piano estetico.
Un Proverbio tibetano afferma: “Se vuoi vedere uno spettacolo, guarda il tuo corpo”.
Il corpo è la manifestazione più chiara della nostra impermanenza… è ciò che non è mai uguale a se stesso [in questo istante, mentre scrivo, migliaia di cellule del mio corpo muoiono e altre si stanno formando].
Bowie ha trasformato il suo corpo, oltre che la sua musica, in una chiara espressione di questa impermanenza. E ha cambiato la sua mente, plasmato i pensieri, per raggiungere una sua personale felicità.
“Le cose accadute in passato/Sono successe solo nella tua Mente/Solo nella tua Mente – Dimentica la tua Mente”.
Una frase intrisa di forti accenti buddhisti.
Fill your heart with love today
Don’t play the game of time
Things that happened in the past
Only happened in your Mind
Only in your Mind-Forget your Mind
And you’ll be free-yea’
The writing’s on the wall
Free-yea’. And you can know it all
If you choose. Just remember
Lovers never lose
‘Cause they are Free of thoughts unpure
And of thoughts unkind
Gentleness clears the soul
Love cleans the mind
And makes it Free.
Da “Fill Your Heart” (inclusa in Hunky Dory – 1971)
Bowie, come un novizio buddhista, ha affrontato le proprie paure, le proprie ombre, affrontando il mostro, ovvero lui stesso…
“Poi m’ imbattei in un mostro che stava dormendo vicino ad un albero/Lo guardai e mi accigliai ed il mostro ero io” – da “The Width Of A Circle” (inclusa in The Man Who Sold The World – 1971)
In the corner of the morning in the past
I would sit and blame the master first and last
All the roads were straight and narrow
And the prayers were small and yellow
And the rumour spread that I was aging fast
Then I ran across a monster who was sleeping by a tree.
And I looked and frowned and the monster was me
Bowie affrontò se stesso, cadde a causa della dipendenza della droga e poi si rialzò. La dipendenza alla cocaina durante gli anni Settanta lo scaraventò in un abisso profondo, separando completamente il suo corpo dal suo vero sé. Il Bowie avvicinatosi al Buddhismo, durante la metà dei ’70 , appariva un lontano miraggio…
È in questo periodo che Bowie cadde così in basso da compiere un gesto, comunque ancora oggi controverso nella sua interpretazione, a Victoria Station, che richiamava in qualche modo il saluto nazista. Un anatema per la maggior parte dei suoi fan! La cocaina gli aveva deformato completamente il sottile equilibrio tra il bene e il male, portandolo a una forma di delirio che, però, non ha intaccato la sua parte creativa. Ma quel gesto a dir poco patetico e arrogante era forse indirizzato alle politiche neo-liberiste che si stavano iniziando a implementare nel Regno Unito? Quel gesto fu compiuto quando Bowie rientrò a Londra dopo il lungo periodo di assenza (circa due anni) dall’Inghilterra: è stato forse un modo per provocare, o era sotto l’effetto di qualche droga?
Ma tutto passa e ancora la porta del cambiamento si apre per Bowie.
Il legame col buddhismo lo ha poi manifestato attraverso le varie partecipazioni agli eventi organizzati a favore della Tibet House di New York. La sua prima performance al concerto benefico organizzato alla Carnegie Hall avvenne il 26 gennaio 2001: in quell’occasione oltre a cantare “Heroes”, Bowie intonò una versione struggente di “Silly Boy Blue” impreziosita dai canti dei monaci buddhisti dell’Università monastica Drepung Gomang.
Dopo gli attentati dell’11 settembre a New York, Bowie non ha mostrato indifferenza, ma anzi ha aperto il grande concerto di beneficienza del 20 ottobre 2001 organizzato al Madison Square Garden. Davanti a un pubblico numeroso Bowie, seduto come uno yogi a gambe incrociate illuminato dai fari, interpretò non un suo pezzo, bensì “America” firmato Simon&Garfunkel, cui seguì l’immancabile “Heroes” dedicata ai tanti vigili del fuoco che erano stati impegnati nei soccorsi.
L’anno successivo Bowie uscì con l’album Heathen (2002) dove troviamo l’emblematica “A Better Future” in cui il Duca Bianco sembra rivolgere una preghiera a un Essere superiore, non di questo mondo, affinché annulli pene e dolori, ombre oscure che soffocano il mondo dopo l’11 settembre 2001 (con le sue nefaste conseguenze…partendo dall’Afghanistan).
“Per favore non fare a pezzi questo mondo/Per favore riprendi/questa paura che ci attanaglia/ Chiedo un futuro migliore/O potrei smettere di volerti/Potrei smettere di volerti/Ti prego assicurati che avremo un domani/Tutta questa pena e questo dolore/Pretendo un futuro migliore/O potrei smettere di aver bisogno di te/Potrei smettere di aver bisogno di te/Dai ai miei bambini un sorriso solare/Da’ loro la luna e un cielo terso”.
Please don’t tear this world asunder
Please take back
this fear we’re under
I demand a better future
Or I might just stop wanting you
I might just stop wanting you
Please make sure we get tomorrow
All this pain and all the sorrow
I demand a better future
Or I might just stop needing you
I might just stop needing you
Give my children sunny smile
Give them moon and cloudless sky
I demand a better future
Or I might just stop loving you…
Mr David Robert Jones se ne è andato.
O forse no?
Come lui stesso cantava “Nothing ever goes […] Nothing ever goes away” (da “Seven Years In Tibet” inclusa in Earthling – 1997).
Niente se ne va
[…]
Niente scompare per sempre
Niente
Ancora un pensiero pervaso dalla filosofia buddhista…
Buon Compleanno David!
Silvia C. Turrin
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