Gil Scott-Heron cantava negli anni Settanta, ormai, del secolo scorso: “The Revolution Will Not Be Televised” (La rivoluzione non sarà trasmessa in televisione). Parafrasando il titolo di questa canzone-manifesto si potrebbe dire: la musica di qualità non la troverete in tv… Questo vale in particolare per i tempi che stiamo vivendo, dove buona parte di ciò che ci circonda e di ciò che ci viene presentato si trasforma in una forma liquida, facilmente omologabile, plasmabile, consumabile.
Per fortuna non tutto è perduto. Anche se il settore della Cultura riceve sempre meno aiuti e appoggi, ci sono nicchie alternative che sanno lavorare ancora con passione e con slanci creativi. È il caso dell’etichetta indipendente Materiali Sonori, fucina artistica diretta brillantemente da Arlo Bigazzi, Francesca Pieraccini e Giampiero Bigazzi. Da quando è stata fondata, sul finire dei magici anni Settanta, sempre dell’ormai, secolo scorso, ha sfornato progetti di alto spessore, sia in collaborazione con altre etichette indipendenti (come la Crammed Discs) – si pensi per esempio a Taraf De Haidouks e Konono N°1 – sia in totale autonomia.
Nel suo catalogo troviamo nomi quali Brian Eno, Jon Hassell, Harold Budd, Hector Zazou, Wim Mertens, David Sylvian, Nusrat Fateh Ali Khan, solo per citarne alcuni. Sono artisti che non si vedranno mai in tv e che raramente vengono trasmessi dalle emittenti radio italiane di oggi. Eppure, questi musicisti, questi progetti, i cd registrati e distribuiti da Materiali Sonori hanno una vita propria, sganciata dai circuiti di massa e questo li rende imperituri, proprio perché avulsi dalle mode effimere.
Ne è un esempio lampante il progetto Keen-O, dietro cui si celano Blaine L. Reininger (voce, archi), Arlo Bigazzi (basso, synths), Roger Eno (piano, synths) e Pier Luigi Andreoni (synths, programming e samplers). Insieme avevano realizzato nel 2002 l’album Nobody knows how and why.
L’ho riascoltato proprio in questi ultimi scampoli del 2015 e, se non avessi saputo l’anno effettivo dell’uscita, avrei pensato che fosse una nuova produzione discografica. Il disco contiene 11 tracce in bilico tra elettronica e ambient (sebbene queste definizioni di genere appaiono sempre più fluide) e, nonostante abbia sulle spalle oltre 10 anni di vita, si rivela ancora attuale, fresco e contemporaneo sul piano degli arrangiamenti e delle atmosfere.
È proprio questa la forza di Materiali Sonori: avere la capacità di guardare avanti e di anticipare talvolta i suoni. Nobody knows how and why rimane una chicca da ascoltare e da riascoltare, per far viaggiare la mente e l’immaginazione in tanti paesaggi musicali, indefinibili, perché soggettivi. C’è chi vi ha ritrovato, come chi scrive, reminescenze alla Robbie Roberston (in particolare nella traccia 2 “Elegy of Himself”) ed echi sperimentali alla Cocteau Twins (“Choses À Faire”); ma sono solo reminescenze, poiché ogni brano ha una propria anima. Gli strumenti acustici (chitarre) intrecciandosi con archi e sintetizzatori creano un proprio linguaggio, autentico e originale, andando oltre le frontiere dell’elettronica.
Nobody knows how and why rimane un bel progetto che, invecchiando, come il buon vino, fa emergere il meglio di sé.
Buon ri-ascolto!
Silvia C. Turrin