Gli antichi geografi arabi lo chiamavano “il Paese della grande traversata”. Una definizione legata al territorio e alle caratteristiche paesaggistiche della Mauritania, dove gli spazi desertici dominano incontrastati. Attraversarla, dunque, richiede attenzione, preparazione e un buon spirito di adattamento.
Tra vento e sabbia
Questa nazione africana, che rappresenta un ponte geografico-culturale tra il Maghreb arabo e l’Africa cosiddetta nera, proprio per la sua conformazione territoriale non è mai entrata nei circuiti del turismo internazionale.
Al di là delle difficoltà di un viaggio dove le comodità occidentali sono un lusso e quindi non disponibili lungo i vari itinerari, entrare in Mauritania e conoscerla è una forte emozione piena di sorprese. Si scopre un’Africa ancora immune dalle contaminazioni turistico-commerciali. E si ha l’opportunità di sperimentare tragitti grazie ai quali rivivere memorie di vecchi esploratori e di spedizioni carovaniere altrove quasi del tutto scomparse.
Il percorso inizia dalla capitale, Nouakchott, il cui nome in lingua hassaniya significa “luogo dei venti”. È considerata la città sahariana più grande, dove non ci sono particolari attrattive, se si escludono i mercati e le botteghe artigianali. A Nouakchott le dune di sabbia del Sahara incontrano le acque dell’oceano Atlantico. Merita quindi una visita la costa, le cui spiagge sono affollate di pescatori soprattutto all’ora del tramonto, quando rientrano coi loro carichi di pesce.
La Mauritania è però famosa non per i suoi litorali, bensì per i suoi deserti.
Chinguetti, la Sorbona del deserto
Tra i luoghi più suggestivi vi è l’altopiano dell’Adrar, immerso nelle sabbie del Sahara. Con le sue gole, il movimento costante delle dune e le rare oasi l’Adrar emana un alone di mistero, perché il tempo sembra essere sospeso in un mondo dove l’idea di postmodernità risulta inutile, fuori posto.
Per addentrarsi in questa regione, tappa obbligata è Chinguetti, settima città santa dell’Islam. Fino a qualche decennio fa, era conosciuta solo tra ricercatori, storici e appassionati di Sahara. Quando l’Unesco l’ha dichiarata Patrimonio mondiale dell’umanità, nel 1996, questo piccolo centro urbano – che conta all’incirca meno di 5000 abitanti – è diventato il simbolo dei siti di importanza storico-archeologica minacciati dall’avanzare del deserto.
Un tempo, Chinguetti era un crocevia di genti, commerci, intrecci culturali, nonché luogo in cui i fedeli musulmani del nord Africa si riunivano per compiere il pellegrinaggio alla Mecca. La sua importanza era testimoniata dalle moschee – circa una decina – che erano state edificate. Di quel periodo glorioso, tra il XII e XVI secolo, è rimasto ben poco, ma quel poco è davvero prezioso ed è fondamentale conservarlo, oltre che valorizzarlo.
Il lascito di quell’epoca culturalmente vitale è raccolto nelle biblioteche coraniche, situate nella zona più antica della città, che custodiscono antichi manoscritti. Il loro numero esatto non è facile da stabilire, un po’ perché le varie fonti forniscono dati diversi, un po’ perché non si sa davvero se siano stati catalogati tutti i volumi. Indicativamente, possiamo contare più di 3000 opere nelle varie biblioteche di Chinguetti. Si tratta di libri unici, che sviluppano vari temi, come l’astronomia, la geografia, la teologia, la letteratura. Si ritrovano anche due antichissimi Corani. I manoscritti di Chinguetti sono stati paragonati a quelli, forse più noti, di Timbuctù. Eppure, questo incredibile patrimonio di antiche opere e biblioteche ha reso Chinguetti “la Sorbona del deserto”.
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