Il regista Alex Gibney ha presentato in anteprima al Sundance Festival 2014 il documentario incentrato su uno dei musicisti africani più popolari, controversi e rivoluzionari di tutti i tempi, Fela Anikulapo Kuti.
Difficile sintetizzare la vita di un uomo così versatile, ribelle, anticonformista e generatore di musica travolgente; difficile raccontarne tutte le sfumature, i successi e gli ostacoli. Ci è riuscito il regista statunitense Alex Gibney, già noto per aver realizzato il documentario dal titolo Enron. L’economia della truffa, che narra lo scandalo del fallimento della tristemente famosa multinazionale dell’energia americana. Grazie a una serie di interviste, di filmati originali dell’epoca e di una soundtrack straordinaria, Gibney ha realizzato un lungometraggio coinvolgente dedicato all’icona dell’afrobeat, Fela Anikulapo Kuti. In Finding Felasi ri-scoprono i diversi volti di questo musicista, da un lato antesignano di un genere, l’afrobeat, che ha incantato milioni di persone in tutto il mondo, dall’altro uomo fortemente politicizzato, critico verso la corruzione del governo nigeriano dell’epoca e quindi perseguitato dalle stesse autorità del suo paese.
Ciò che emerge con forza dal documentario è la stretta correlazione tra musica e coscienza sociale che è insita nella personalità di Fela. “La musica non può essere fatta per divertire. La musica deve essere per la rivoluzione”, affermò. L’Afrobeat si presenta così non solo come nuovo genere musicale, ma anche come movimento artistico-rivoluzionario portavoce di una profonda critica verso le dittature, non solo nigeriane, degli anni ’70 e ’80.
Si può dire che Fela Kuti è stato il Frantz Fanon della musica, colui che ha iniettato nel popolo messaggi di lotta, di libertà, di riscatto e risveglio sociale. Proprio per il suo impegno politico Fela Kuti fu arrestato e perseguitato dalle autorità nigeriane in varie occasioni, sin dal 1976. Come rivelò Amnesty International, nel ’77, venne arrestato da centinaia di militari, i quali dettero fuoco alla casa e ferirono gravemente i suoi familiari. Nel 1984 fu condannato a cinque anni di detenzione per aver cercato di esportare illegalmente valuta estera che aveva prelevato dal suo conto personale presso una banca inglese: un’accusa che in realtà celava motivazioni politiche.
La musica di Fela Kuti è infatti politica, sin dall’album Why Black men dey suffer del 1971. Dalle forti critiche verso i regimi africani post-indipendenza al dominio culturale dell’occidente, Fela non ha mai smesso di cantare contro ingiustizie e sopraffazioni. Era la voce dei poveri, di chi veniva dimenticato nelle periferie delle grandi città africane, ed era la voce dissidente, contraria ai soprusi dei governativi. “Non hanno rispetto per gli esseri umani” dichiarò Fela dopo che i militari e la polizia della Nigeria attaccarono e rasero al suolo la sua casa. Fu costretto, a causa delle violenze, a optare per un esilio e si trasferì in Ghana, dove la sua musica riuscì anche lì a infiammare le masse e a trasformare le autorità locali in nemici.
Cercò di fondare un partito politico, il Nigerian Movement of the People, ma questo sogno fu bloccato dal potere corrotto, che voleva mantenere il proprio status quo. Fela è stato un artista scomodo, poiché riusciva a raggiungere il popolo attraverso la musica e i messaggi contro soprusi e ingiustizie. Il documentario Finding Fela dimostra quanto la sua popolarità sia ancora forte, anche in quell’Occidente tanto biasimato da un uomo che poteva cambiare le sorti politiche della Nigeria, se solo glielo avessero permesso.
Silvia C. Turrin
L’articolo è on line anche sul mio blog dedicato all’Africa
Per approfondire, leggi anche l’articolo Fela Kuti. Musica contro le ingiustizie