È tra gli artisti plastici dell’Africa occidentale più apprezzati e acclamati in tutto il mondo. Grazie a numerose esposizioni delle sue opere, il creativo beninese racconta le distorsioni e le contraddizioni del continente nero.
Si può trasformare una vecchia motocicletta in uno strumento di denuncia, che poi diventa arte? O ancora, è possibile plasmare taniche di benzina convertendole in suggestive maschere intrise di simbolismi voodoo?
Se sì guarda alle opere di Romuald Hazoumè tutto ciò è verosimile. Nato nel 1962 a Porto-Novo, Romuald ha attinto dalle sue radici Yoruba per dare origine ad espressioni creative singolari, evocative e di denuncia. La materia di cui sono composte le sue opere non sono le classiche tele, né oggetti ricercati, bensì contenitori, utensili, prodotti ormai desueti buttati nelle discariche o in qualche angolo delle città del Benin.
Attraverso la sua inventiva, materiale di scarto rinasce a nuova vita e diventa opera d’arte ricercatissima dalle Gallerie di tutto il mondo. Dal 1997, Romuald ha esposto in tantissime nazioni: da Cuba alla Corea, dagli Stati Uniti all’Irlanda, dalla Germania alla Spagna. In Italia, rimane ancora sconosciuto: una grave lacuna, soprattutto perché le sue opere non racchiudono soltanto una grande genialità, ma esprimono una dura critica alle dinamiche economico-sociali della società contemporanea.
Basta osservare come una tanica di benzina viene da lui trasformata in una maschera africana, intrisa di simbolismi voodoo. Dietro a questo oggetto, all’apparenza banale, c’è l’allegoria della decadenza di certi pesi dell’Africa. Le taniche di benzina vengono utilizzate per il contrabbando di petrolio tra Nigeria e Benin, come anche sgangherate moto sono i mezzi di trasporto più comuni per attuare questi traffici.
Proprio questi oggetti, trasformati dalle mani esperte di Romuald, diventano metafora dei problemi sociali di questa parte dell’Africa, dove la gente è costretta a contrabbandare le risorse della sua stessa terra d’origine! Ma nelle sue opere c’è molto di più, perché troviamo il linguaggio espressivo del voodoo, e poi i segreti della cosmogonia Yoruba e altro ancora.Water Cargo è una delle sue opere più famose: uno sgangherato scooter, chiamato in Benin e in Nigeria “petrol cargo”, è stato da lui modificato aggiungendovi due specie di ali di metallo, cui ha appeso tanti secchielli, utilizzabili per il trasporto di acqua.
Altra opera evocativa è Djiogoma, apparentemente una tipica maschera africana, realizzata però partendo non dal legno, bensì da una tanica di benzina, l’oggetto tra i più usati da Romuald per le sue espressioni artistiche di denuncia.
Accolta con giudizi estremamente positivi, è l’opera La Bouche du Roi, formata da ben 304 taniche trasformate in maschere africane, la cui unione genera una grande nave, che chiaramente evoca la tratta degli africani, la schiavitù, la deportazione, la colonizzazione. Ancora una volta, l’arte, quella africana, riesce a emozionare e al contempo fa riflettere sulla condizione, presente e passata dell’umanità.
Silvia C. Turrin
L’articolo è on line anche sul sito SMA Afriche
Intervista (in inglese) a Romuald Hazoumé