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Ancora tensioni al confine tra RDC e Ruanda

La Repubblica Democratica del Congo (RDC) è una delle nazioni africane che Papa Francesco desidera visitare, per portare messaggi di pace e di fratellanza. Purtroppo, le sue condizioni di salute non gli permettono di compiere un viaggio così complesso, in una terra non certo stabile come l’ex Congo belga. Per questo, su consiglio dei medici che lo stanno seguendo, ha posticipato (non annullato) la sua visita apostolica in questo paese difficile (oltre al viaggio previsto anche in Sud Sudan), spesso segnato da scontri, attentati e violenze di vario genere. In questo mese di giugno del 2022, l’instabilità della RDC si sta acutizzando a causa del risveglio di vecchie tensioni con il vicino Ruanda.

Ricchezze minerarie e sangue alla frontiera

Miniera di coltan nei pressi di Rubaya (Nord-Kivu)

La regione orientale della RDC è ancora al centro di scontri e di una forte instabilità. Si tratta del Nord-Kivu, situata proprio al confine con il Ruanda (oltre che con il Burundi e in parte con l’Uganda). In questa zona della Repubblica Democratica del Congo, si trova un Eldorado pieno di ricchezze minerarie ricercatissime da ogni nazione.  Nel Nord-Kivu c’è un’alta concentrazione di oro, coltan e stagno. Salendo verso la regione dell’Ituri si trovano altri giacimenti di oro, mentre nelle aree più a sud della RDC vi sono rame, cobalto, manganese, piombo, zinco. Non mancano nemmeno i diamanti. Si possono comprendere i motivi per cui la RDC non abbia mai conosciuto una vera pace.

Definita “Far West dell’Africa”, la regione orientale della RDC vede un pullulare di gruppi armati che si contendono il controllo, e anche il contrabbando, delle immense ricchezze minerarie che la terra congolese racchiude. In questo contesto, il governo di Kinshasa ha accusato il Ruanda di forti ingerenze entro i confini della RDC per il tramite del movimento ribelle chiamato M23. Proprio nel mese di giugno, la città di frontiera Bunagana, nell’est della RDC, è stata praticamente occupata da questo movimento, costringendo centinaia di civili e soldati congolesi a rifugiarsi nel vicino Uganda. Da qui l’escalation delle tensioni con il Ruanda.

Bunagana, occupata dai ribelli del movimento M23

Tutto ciò ha spinto il governo di Kinshasa a sospendere gli accordi bilaterali con il Ruanda. La situazione è sempre più tesa dopo che quattro persone sono morte al posto di blocco chiamato Petite barrière, a Goma, nel Nord-Kivu, sempre al confine con il Ruanda. Gli slogan contro Paul Kagame, Presidente del Ruanda, hanno scandito diverse manifestazioni in alcune aree della RDC.

Il pericolo di scontri etnici

Questo risveglio di ataviche tensioni tra RDC e Ruanda sta portando a galla anche fratture etniche mai ricomposte. In alcune città congolesi, nel mese di giugno si sono verificate violenze contro quelle persone definite “ruandofone”, ovvero di etnia Hutu e Tutsi. Il loro arrivo in terra congolese si verificò decenni fa, a causa della guerra civile in Burundi e in seguito del terribile genocidio in Ruanda.  Queste persone definite spesso in modo dispregiativo “ruandofone” si sono stabilite in particolare nella regione del Kivu, che dal punto di vista geografico ed economico ricorda molto i loro paesi d’origine.

In questa zona congolese dominano altre etnie autoctone, come gli Hunde, i Nyanga e i Nande. Addirittura, all’epoca di Mobutu si temeva la creazione della cosiddetta “Repubblica dei Vulcani”: un nome che indicava chiaramente le ingerenze, nonché gli interessi ruandesi nell’area, dato in Ruanda vi è il Parco nazionale dei vulcani. La questione etnica nella regione orientale del Congo si è ulteriormente acuita durante le guerre che sconvolsero la RDC (tra il 1996 e il 1997 ci fu la prima guerra, e la seconda tra il 1998 e il 2003).

Fuga dai villaggi a causa dei combattimenti nel Nord Kivu nel 2012

In quegli anni, il Ruanda e anche altre nazioni africane, approfittarono della debolezza del governo congolese e della forte instabilità nel paese, per contrabbandare le risorse minerarie.

 

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