“I Nuovi sciamani”, recente libro dello scrittore Danilo Di Gangi, ci conduce verso una cultura millenaria cha ha tanto da insegnarci. Una cultura nata nella meravigliosa terra andina.
Molte persone, anche colte, fanno ancora l’errore di pensare che i popoli animisti, legati alla natura, siano arretrati, addirittura “primitivi”. Per chi conosce popolazioni come i Pigmei o gli Yanomami, solo per citare due esempi, sa che si tratta di culture avanzate, capaci di sopravvivere in un ambiente – come quello delle foreste tropicali – non certo ospitale (almeno dal punto di vista occidentale). Dalle foreste traggono il loro sostentamento: cibo, ma anche un riparo e poi medicine derivanti dal sapiente utilizzo di erbe e piante. Per chi vive in città, per chi si ritiene “civilizzato”, sarebbe arduo, se non impossibile, vivere in una natura così selvaggia. Questi antichi popoli, ancora in simbiosi con la natura, custodiscono una serie di insegnamenti che le popolazioni sedentarie e urbanizzate dovrebbero imparare al fine di salvare il pianeta.
A partire dalla rivoluzione industriale, le nazioni più “ricche” hanno prodotto alti livelli di inquinamento sulla Terra, nell’aria, nelle falde acquifere, nei mari e negli oceani. E i livelli di inquinamento sono oltremodo aumentati negli ultimi 70 anni. Abbiamo trattato e stiamo trattando il pianeta come se fosse un’enorme discarica. Consideriamo la Natura come mero oggetto da sfruttare per accumulare profitti. Ma questo atteggiamento antropocentrico ha ormai mostrato da decenni il suo volto più cupo. L’uomo “civilizzato, urbanizzato, industrializzato, postmoderno” sta distruggendo le risorse della Terra e ha innescato un processo di riscaldamento delle temperature globali che rischia di essere irreversibile.
L’aumento dei periodi siccità, l’arrivo improvviso di piogge intense, copiose, ma brevi, e poi estati molto calde, l’aridità dei suoli: sono solo alcuni degli evidenti segnali di profondi cambiamenti in atto sul pianeta.
Qual è dunque il legame tra tutto ciò e il sapere di quei popoli legati ancestralmente alla Madre Terra?
Il legame c’è ed è evidente, perché loro ci insegnano che solo rispettando la Natura possiamo vivere in armonia con essa. Solo considerando la Madre Terra come una realtà sacra possiamo “salvarci”, salvare il pianeta, compiendo un passo indietro che si rivela un passo, anzi, si rivela due, tre passi avanti…
La storia narrata da Danilo di Gangi nel suo nuovo libro ci porta proprio a compiere queste riflessioni. Partendo dall’antica cultura andina, l’Autore de “I nuovi sciamani” ci spiega la differenza tra gli europei e i Q’ero, una delle popolazioni residenti nella Cordillera Reale: i primi (noi…), si pongono al centro dell’Universo; invece, i secondi si sentono parte di un “Tutto vivente”.
A questo proposito nel libro viene spiegato l’antico culto della Pachamama, la Madre Terra, la divinità procreatrice. La Natura è un’entità sacra, da rispettare, venerare, proteggere e ringraziare. Senza la Pachamama l’umanità non esisterebbe. Popoli come i Q’ero considerano le piante, gli animali, l’acqua, le rocce… intrisi di una forte energia creatrice. È una forza invisibile ma potente, che richiama alla mente le teorie di Einstein che poi hanno portato agli sviluppi della fisica quantistica.
Attraverso le vicende di Ususin e Chaki, un ragazzino e una ragazzina, Danilo Di Gangi ci svela quelle tradizioni sciamaniche che raccontano di un prossimo futuro abitato dai figli dell’arcobaleno, ovvero coloro che sapranno rispettare la Madre Terra.
Silvia C. Turrin