Lamu è un’isola tropicale incantevole, situata nel nord del Kenya. Si tratta di una meta turistica ambita per i suoi luoghi paradisiaci, ancora selvaggi. Questo sito magnifico rischia di essere contaminato dalla costruzione di una centrale elettrica a carbone. Se il progetto si dovesse davvero implementare, l’impatto sull’ambiente sarà devastante.
Un crocevia di popoli e culture
Lamu, per la sua posizione strategica, bagnata dalle acque dell’Oceano Indiano, è stata una terra importante dal punto di vista commerciale e non solo. Esploratori, marinai, mercanti arabi, europei e naturalmente africani si sono incontrati su quest’isola, scambiandosi merci, idee, usanze. La città principale porta lo stesso nome dell’isola. Qui non c’è inquinamento: a eccezione di barche, biciclette e asini non sono ammessi altri mezzi di trasporto. Ovunque aleggia la cultura Swahili, caratterizzata da un incrocio di genti e tradizioni. Forte è l’influenza araba, ma anche portoghese e asiatica. Lo si percepisce ammirando vari edifici e assaporando la cucina locale. L’antica città di Lamu, capitale dell’isola, ha mantenuto intatto il suo fascino, grazie a caratteristiche vie, alle moschee, ai musei e alle singolari decorazioni di molte strutture architettoniche. La città di Lamu rappresenta il più antico insediamento Swahili dell’Africa orientale, tra i meglio conservati, per questo è stata inserita dall’Unesco nella lista dei Patrimoni dell’umanità.
La prima centrale a carbone del Kenya?
Proprio in una fase della storia umana in cui è evidente come i cambiamenti climatici abbiano sempre più un forte impatto sull’economia e sulla società, in Kenya aleggia il progetto della costruzione di una centrale a carbone. Sappiamo che l’uso industriale del carbone è uno dei fattori principali che hanno causato in questi ultimi due secoli l’aumento della temperatura della Terra. Sapendo che esistono alternative sostenibili all’uso del carbone, come le fonti di energia rinnovabili (sole e vento), questo progetto appare assurdo e anacronistico. Si tratta di un progetto finanziato in parte dai cinesi. La materia prima, cioè il carbone, proviene dai giacimenti presenti in Sudafrica. L’idea voluta dal governo di Nairobi di costruire una centrale elettrica a carbone si inserisce in un programma più ampio, che prevede la costruzione di un grande porto industriale e di un oleodotto. L’intento governativo è quello di creare le condizioni di un maggior sviluppo economico, con la produzione di oltre 1000 megawatts. Eppure, la contraddizione è evidente. Da un lato, il Kenya sta cercando di promuovere le energie rinnovabili, dall’altro, avvia simili iniziative.
Un progetto in stand by grazie all’intervento dei giudici
Alla fine di giugno 2019, grazie alla decisione del giudice Mohammed Balala, il progetto di costruire la centrale elettrica a carbone si è arenato. Il giudice ha infatti ordinato la realizzazione di un nuovo studio per valutare attentamente l’impatto che avrà la centrale sull’ambiente. Questa decisione è stata salutata con gioia sia dai movimenti ambientalisti, sia dalla popolazione locale, che non è stata affatto interpellata dal governo proprio in merito a tale progetto inquinante. I pericoli per l’ecosistema sono evidenti, come hanno sottolineato i componenti dell’organizzazione Save Lamu. L’ambiente e i microrganismi marini subiranno gravi effetti nocivi se il progetto della centrale si realizzerà. Anche i rappresentanti dell’Unesco hanno chiesto al governo di Nairobi di rivedere tale piano industriale e di stilare una nuova valutazione sull’impatto ambientale. Se ciò non accadrà, il Comitato dell’Unesco è pronto a inserire Lamu nella lista dei siti dell’umanità in pericolo.
Silvia C. Turrin
Immagini: bothends.org; Enchanting Travels; Oil Change International.
L’articolo è pubblicato on line anche sul sito SMA Afriche