«La cosa peggiore che possa capitare a chiunque è la perdita della dignità e del rispetto di sé».
Queste poche ma significative parole ben esprimono i valori che lanciava con la sua scrittura Chinua Achebe, padre della letteratura africana moderna, deceduto il 22 marzo in un ospedale di Boston negli Stati Uniti, all’età di 82 anni. Intellettuale impegnato, Chinua Achebe è stato un grande scrittore e saggista nigeriano, più volte candidato al Nobel per la Letteratura: un premio che avrebbe certamente aumentato la sua popolarità, ma che in fondo appare superfluo considerato che il suo primo romanzo, Il crollo, è stato tradotto in più di cinquanta lingue e ha venduto oltre 10 milioni di copie. Chinua Achebe non aveva bisogno di riconoscimenti pomposi, perché già li riceveva dai suoi lettori, sparsi in tutto il mondo. Il più illustre è Nelson Mandela che, alla notizia del decesso dello scrittore, lo ha ricordato affermando: «In compagnia dei libri di Chinua Achebe crollavano le mura della prigione». Mandela, mentre era in carcere durante gli oscuri anni dell’apartheid, trovava un’affinità di pensiero con l’intellettuale nigeriano, poiché entrambi credevano nell’impegno sociale e politico a favore dei poveri e degli oppressi e agivano di conseguenza: l’uno, in Sudafrica, ha lottato contro il razzismo e contro il sistema di sfruttamento economico perpetrato dall’élite bianca al potere; l’altro si è mobilitato attraverso l’arma della penna. «Certe persone credono che lo scrittore non debba giocare alcun ruolo negli sconvolgimenti politici o sociali della propria epoca. Alcuni amici mi dicono: “No, è troppo difficile lì. Uno scrittore non ha nulla a che fare là dove è troppo difficile” […] Io penso al contrario che lo scrittore che si mette in disparte non possa scrivere che le note a piè di pagina e il glossario quando gli avvenimenti sono terminati. Egli o ella diventa come gli intellettuali contemporanei futili, che pongono questioni come: “Chi sono io? Qual è il senso della mia esistenza? La mia vita appartiene a me o appartiene a qualcun’altro?”. Sono domande a cui nessuno può rispondere».
Chinua Achebe non è stato un intellettuale leggero, a cominciare dal suo primo romanzo intitolato Il crollo, in cui lancia una chiara denuncia contro il colonialismo, descrivendo lo scontro tra la società africana originaria e la società africana sottoposta al potere degli occidentali. Egli, essendo nato in Nigeria (il 16 novembre del 1930 a Ogidi), ha sempre descritto questo Stato come nazione artificiosa, creata non dal popolo, bensì dai bianchi imperialisti. Il crollo, scritto nel 1958, rimane un testo fondamentale per capire, dal punto di vista africano, le conseguenze nefaste dell’arrivo dei bianchi, che hanno imposto con la forza e con abili ricatti e deformazioni culturali, il loro dominio, la loro visione del mondo. I colonialisti sono riusciti a imporsi ad una società africana certamente non pacifica, né bucolica, ma che conservava a suo favore principi comunitaristici e solidali, dove erano assenti il materialismo e la proprietà privata.
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Alcuni suoi libri tradotti in italiano:
- Il crollo, Editore E/O, 2002, pagg. 215
- La freccia di Dio, Editore E/O, 2004, pagg. 310
- Attento «Soul brother»! Poesie (Testo inglese a fronte), Jaka Book, 1995, pagg. 144