È tra le più interessanti esponenti della nuova musica proveniente dall’Africa australe. Figlia d’arte, con il suo album Rebel woman ha dato voce alle sofferenze, ma anche alla vitalità di un popolo per anni oppresso dal regime autocratico del presidente Robert Mugabe, le cui recenti, incaute riforme sociali hanno provocato carestie, colera e un impressionante aumento della mortalità infantile nell’ormai ex granaio d’Africa.
«Ho scelto di vivere ad Harare per stare nell’occhio del ciclone, per avere i disordini, l’oppressione del governo e le diseguaglianze sociali, tutti i giorni, davanti ai miei occhi, reagendo solo con la musica: l’unica arma che sappia usare».
Solo da queste parole si può capire la determinazione, la sensibilità sociale e la forte personalità della cantautrice Chiwoniso Maraire, nata nel 1976 a Washington, da genitori originari dello Zimbabwe. Suo padre, Dumisani Maraire, musicista ed insegnante, si trasferì negli anni Settanta negli Stati Uniti per specializzarsi come etnomusicologo. Nonostante la distanza dalla terra dei suoi antenati, Chiwoniso è sempre stata avvolta dai ritmi e dagli strumenti africani. Alla tenera età di quattro anni, ha iniziato a suonare la mbira (idiofono, tipico dello Zimbabwe, costituito da lamelle di metallo poste su una tavola di legno, le cui origini sono associate al popolo Shona).
Dopo essere stata iniziata al canto dalla madre, vocalist di talento, e alle differenti espressioni musicali occidentali e africane dal padre, la songwriter ha firmato il suo primo album da solista nel 1997, Ancient Voices (i precedenti dischi, tra cui Tichazomuwona dedicato al vecchio zio Nkosana Aurthur Maraire, erano stati realizzati insieme ai genitori-artisti). Ancient Voices − che aveva ricevuto critiche lusinghiere da parte di quei giornalisti attenti più alle autentiche capacità dei musicisti, che non alle tendenze create dalle major − è un lavoro intriso del folklore, della storia e dei drammi dello Zimbabwe.
Nel 1990, insieme alla famiglia, si è ricongiunta alla sua terra d’origine. Nonostante la pesante situazione politica causata dalla dittatura di Robert Mugabe − che ha tra l’altro provocato effetti disastrosi sull’economia e sulle condizioni sanitarie del Paese − Chiwoniso non ha voluto abbandonare la sua gente per rifugiarsi nel più relativamente agiato e sicuro Occidente, ma è rimasta per infondere coraggio attraverso la musica. Per accorgersene, basta ascoltare il disco Rebel Woman, uscito alla fine del 2008, a cui hanno partecipato stimati musicisti, quali Steve Dyer (sax), Rony Irwyn (percussioni) e lo stesso produttore Keith Farquharson (tastiere, piano).
Registrate tra Sudafrica, Inghilterra, Vermont e Zimbabwe, le 12 tracce sembrano essere inni di pace e, al contempo, canti di risveglio sociale, che celebrano le tradizioni, i luoghi e le genti di uno Stato per decenni succube dei diktat di un presidente convertitosi alle leggi del potere, dopo essere stato uno dei protagonisti della lotta di liberazione dal colonialismo.
Ogni canzone di Rebel Woman è uno spaccato di vita. “Matsotsi”, che significa “La terra dei ladri”, racconta le rivendicazioni economiche di numerosi lavoratori dello Zimbabwe, costretti a stare lontani dalle famiglie per cercare fortuna nelle grandi città o nei Paesi confinanti. Lontananza che si dilata se il lavoro non si trova o se la paga è insufficiente per pagarsi il viaggio di ritorno. “Come posso andare a casa se non ho soldi?” canta Chiwoniso.
“Only one world” è una preghiera indirizzata alle generazioni di oggi, affinché rimuovano tutti gli ostacoli che si oppongono alla costruzione di un mondo migliore, più giusto ed equo. È un invito a pensare ai bambini e al loro futuro, perché “il loro avvenire è nelle nostre mani”. Chiwoniso si è a lungo impegnata in prima persona per difendere i diritti dei minori, attraverso Mustle Africa, organizzazione no profit che promuove progetti volti a istruire orfani e piccoli che vivono in condizioni precarie.
Il brano omonimo al disco, “Rebel woman”, trae ispirazione da una poesia in cui si decanta il ruolo della donna nel corso della guerra di indipendenza dello Zimbabwe.
«La canzone si riferisce alle condizioni fisiche durante i combattimenti e il prezzo che le persone devono pagare», sottolinea Chiwoniso.
Ma soprattutto descrive le sofferenze, le perdite che una donna ribelle è costretta ad affrontare proprio perché non duttile alle imposizioni sociali.
«La verità è che quando sei una donna forte rischi di perdere tuo marito e la tua casa, poiché i principi su cui sono strutturati i sistemi non permettono alle donne di essere caparbie, a meno che si seguano le regole costituite. Ecco, questa è una canzone che invita a cambiare proprio queste leggi ormai anacronistiche».
Oltre a testi di forte impatto sociale, Chiwoniso elargisce anche temi inneggianti all’amore, come in “Nerudo”, e alla felicità. “Nguva Yekufara”, scritta insieme al poeta Chirikure, è un’esortazione ad abbandonare la tristezza e a danzare in modo consapevole, nel presente, la vita.
Questa forte presa di coscienza sociale e politica traslata in canti, melodie e ritmi, Chiwoniso l’ha alimentata attingendo ai percorsi artistici di Hugh Masekela, Salif Keita, Baba Maal, Mahotella Queens, Ladysmith Black Mambazo e Angelique Kidjo. Le parole di questa musicista ribelle, nata negli States e tornata a vivere nella terra dei suoi avi, non si rivolgono solo alle donne africane. Chiwoniso dà voce a quei gruppi silenziosi, resi tali da leggi inique e da sistemi politico-economici che sembra stiano implodendo sulla corruzione e sull’avidità da loro stessi fomentate.
Articolo di Silvia C. Turrin© originariamente pubblicato sul sito SMA Africa
Per approfondire:
Family Affair, label italiana specializzata anche nella promozione di artisti africani
Disco consigliato:
Rebel woman, Cumancha, 2008 (distr. in Italia Ishtar/Family Affair)