Martedì scorso, 27 gennaio, si è celebrato doverosamente il Giorno della Memoria, commemorazione che ricorda quella non troppo lontana data del 1945, quando i cancelli dell’orrore di Auschwitz vennero finalmente abbattuti…
Il Giorno della Memoria – proclamato ufficialmente in Italia (solo) nel 2000 e all’ONU (solo) nel 2005 – come sappiamo, o come molti sanno, vuole ricordare lo sterminio del popolo ebraico ad opera dei nazisti (nella totale indifferenza di chi sapeva…).
Il Giorno della Memoria, il 27 gennaio, è stato proclamato per non dimenticare e per ricordare alle nuove generazioni “la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.
Martedì scorso, su vari web-site e sui social, tante persone hanno voluto celebrare questa ricorrenza attraverso un’immagine o una frase emblematica. Tanti gli eventi organizzati per commemorare il 27 gennaio, eppure sono ancora molte le persone critiche o totalmente indifferenti verso questa ricorrenza, considerata un mero retaggio del passato.
Ma la storia serve proprio per ricordare e per non commettere gli stessi errori o simili tragedie.
Ma la storia a volte “fa il suo giro” e si può ripresentare sotto mutate spoglie, in modo meno evidente e più subdolo.
Certe terribili sfumature di quel male ricordato il 27 gennaio è come se tornassero.
Odio, razzismo, xenofobia nei confronti dello straniero, del diverso… li vediamo ancora, come se la crisi economica avesse debellato quegli anticorpi sviluppati dopo le tragedie avvenute nel cuore d’Europa (le due guerre mondiali e le dittature europee erano nate dalla crisi economica-finanziaria di inizio ‘900).
Ma c’è qualcosa di molto più sottile.
Il compianto George L. Mosse (1918-1999) ci ha ricordato nei suoi lavori che per il nazismo «Chi era affetto da malattie congenite fu considerato un essere improduttivo e il concetto di produttività aveva un grande peso nel pensiero razzista, secondo il quale la razza superiore è stata sempre definita come produttiva, mentre quelle inferiori non erano ritenute capaci di esibire alcun frutto tangibile del loro lavoro».
Forse il concetto di “produttività” si è trasformato in qualcosa di più ampio, subdolo, connesso a qualche forma di “super uomo” da salvare/selezionare secondo principi darwiniani evoluzionistici?
E tornando al male del razzismo lo si può vedere anche nelle cosiddette “persone normali”?
Quelle “persone normali” che «poi firman petizioni per lo sgombero, […] che brandiscon manganelli, che farciscono gioielli, che si alzano alle spalle dei fratelli» (citando il testo di una canzone di Frankie Hi-NRG).
Quelle “persone normali”… come un mio ex-vicino di casa a cui ho chiesto anni fa di firmare una petizione di Amnesty International a favore dei diritti dei rifugiati politici, richiedenti asilo politico e il quale mi ha risposto senza mezzi termini: «Devono tornare tutti a casa! Abbiamo già i nostri problemi!. Non li voglio qui…”. Questo mio ex-vicino di casa è considerato da molti una brava persona».
Eppure…
da quel suo modo di reagire alla petizione e alla mia domanda, dalle sue parole emerge che il “male” è ancora in mezzo a noi. Gli spettri del razzismo non si vedono solo in certe manifestazioni neofasciste/neonaziste, ma in modo molto più nascosto e sottile si trovano nella mente di alcune persone in apparenza “normali”…
è quella “banalità del male” di cui ha parlato Hannah Arendt… a proposito del tiranno “uomo normale”Eichmann.
E la banalità del male è stata evidente quando la Gran Bretagna ha sfruttato Hitler e il nazismo in funzione anticomunista, sottovalutando la follia e le vere mire espansionistiche di Hitler. Sottovalutando e sfruttandolo in chiave antisovietica gli ha dato tutto il tempo per rafforzarsi e accrescere il suo torbido potere nella mente “normale” dei tedeschi.
C’è una “normalità” del male, ed è ora di capire le sue origini, e come possiamo cambiare questa mentalità del male per trasvalutarla nel suo opposto, in una mentalità del bene, che non può arrecare danno ad alcun essere senziente, ad alcun essere…
Concludo citando Nedo Fiano, scrittore italiano sopravvissuto alla deportazione nazista nel campo di concentramento di Auschwitz:
«Gli SS non erano dei superuomini, ma degli squallidi personaggi che evitavano i rischi della prima linea al fronte di guerra, pagando tale salvagente con un devastante mestiere sanguinario. Erano individui insensibili e corrotti, ai quali il nazismo, con un lungo training, aveva annullato nella psiche gli istinti morali».