Se la maggioranza delle élite politiche non sta affatto prendendo seriamente in considerazione la tutela dell’ambiente e la questione dei cambiamenti climatici , per fortuna, nel mondo, ci sono voci che ci ricordano la nostra funzione di custodi dell’unico mondo che abbiamo. Una di queste voci è quella di Wendell Berry, scrittore, poeta e ambientalista statunitense. Soprannominato il “filosofo contadino”, Berry si può anche definire il tutore dei diritti dei contadini e delle piccole comunità agricole.
Wendell Berry è nato nel 1934 nel Kentucky. Insegnante universitario di letteratura e scrittura creativa, Berry nel 1965 decise di recuperare il rapporto atavico con la terra, acquistando la fattoria Lane’s Landing, situata nel suo natio Kentucky. Da allora ha scritto poesie, romanzi e saggi ispirati a temi a lui cari, come la microeconomia, il comunitarismo, la salvaguardia degli ecosistemi. Wendell Berry è una sorta di “Henry David Thoreau contemporaneo”, con la differenza che Berry non si isola in un bosco per recuperare il contatto con la natura, ma anzi, intesse reti tra persone e comunità al fine di salvare la Madre Terra.
Nel libro “L’unico mondo che abbiamo” edito da Piano B edizioni (2018), troviamo sintetizzate in poche pagine le grandi battaglie ambientaliste e i messaggi di quest’uomo ottuagenario, con lo spirito ancora da saggio ribelle. “Se vogliamo salvare la terra dobbiamo salvare le persone che appartengono alla terra. Se vogliamo salvare le persone, dovremo salvare la terra a cui appartengono le persone” scrive Berry. Un pensiero che mette in evidenza la profonda, imprescindibile connessione “salvifica” tra individui, società e natura. Per questo Berry, da quando è ritornato come agricoltore-scrittore nel Kentucky, sostiene fermamente i principi e le pratiche dell’auto-determinazione locale, criticando quei sistemi produttivi, sempre più dominanti e globali, che sfruttano persone e luoghi, per poi abbandonarli a se stessi una volta succhiato loro tutte le ricchezze, naturali ed esistenziali. Berry, nei saggi qui raccolti, si rivela molto critico verso l’economia delle corporation, che non tengono minimamente conto delle caratteristiche e delle necessità delle comunità locali. La terra e le persone saranno salvati non dal governo, o dalle agenzie e istituzioni ad esso collegate, bensì dalla creazione e dallo sviluppo delle comunità locali, proprio perché solo i “locali” possono conoscere davvero il territorio, i suoi bisogni e le sue possibilità. Da qui l’enfasi “sull’unicità” di ogni regione, contea, area naturalistica. Una “unicità” però analizzata da un punto di vista ambientale: una foresta è una foresta e bisogna guardarla e curarla come tale, e non gestirla considerando le singole e differenti superfici, o addirittura i singoli alberi appartenenti a varie proprietà.
Per Berry è possibile salvare le persone, le economie locali, gli ecosistemi visti nel loro complesso e gestiti localmente soltanto adottando un nuovo approccio, che si rivela essere in fondo un approccio adottato da tante comunità tradizionali, cioè fondato su valori imperituri. “Umiltà, familiarità, cooperazione, affetto, frugalità” sono alcune delle idee che dovrebbero guidare il cambiamento e il recupero della connessione salvifica tra persone e terra. Idee che sono in contrapposizione rispetto a quelle dominanti. “Competizione, consumo, efficienza meccanica, mobilità verticale” sono alcune delle idee predominanti e sono proprio quelle idee che, secondo Wendell Berry, stanno causando enormi disastri sul piano economico e ambientale.
Come ricorda Berry: “Non possiamo aspettarci una buona economia del territorio da persone che più di ogni altra cosa desiderano perpetuare l’economia che distrugge la terra”. Lo sguardo di Berry, in questi dieci saggi raccolti nel volume “L’unico mondo che abbiamo”, è rivolto in particolare a ciò che sta accadendo negli Stati Uniti e nel Kentucky. Eppure, anche il lettore italiano o a qualsiasi altra latitudine del globo troverà tanti punti di riflessione, tante similitudini, tante questioni che oltrepassano le mere frontiere nazionali. La questione ambientale – che è collegata anche alla questione economica e allo sfruttamento della terra – riguarda tutti. Nella maggior parte delle nazioni la connessione terra-persone porta alla distanza, all’indifferenza e alla distruzione. Berry, nei suoi scritti, ci invita a rendere questa connessione nuovamente paritaria, familiare, amorevole e salvifica.
Silvia C. Turrin
“Un ecosistema, la rete di relazioni attraverso la quale un luogo e le sue creature si sostengono reciprocamente in vita, è, in ultima analisi, misterioso come la vita stessa. Ne sappiamo abbastanza, solo abbastanza, per capire quanto poco ne sappiamo e mantenerci cauti. Al momento – ignoranti a tal punto da ignorare fino a che punto lo siamo – ci crediamo liberi di imporre la nostra volontà sulla terra con il massimo potere e velocità, cercando di ottenere il maggior profitto nel minor tempo possibile, illudendoci che per questo non ci sia un prezzo da pagare”.
Wendell Berry