Sono felice di segnalare che la redazione de Il manifesto ha pubblicato il mio articolo “35 anni fa, la morte di Steve Biko” sul sito web.
Si può leggere la versione integrale qui: 35 anni fa, la morte di Steve Biko.
Oggi la guerra contro i minatori
Di seguito, un breve estratto.
Silvia C. Turrin – 14.09.2012
Durante il suo attivismo politico, negli anni ’60 e ’70, Stephen Biko usava i suoi scritti, discorsi, e azioni concrete per spronare i neri sudafricani – soggetti del razzismo imperante allora sotto il regime di apartheid – a emanciparsi, a spezzare le catene dell’oppressione non solo fisica, ma anche e soprattutto psicologica. I colonizzatori di origine europea – afrikaner (boeri) e inglesi – erano riusciti a negare la vera essenza dei neri, a negare la loro umanità e le loro capacità. Egli spronava i propri connazionali a reagire all’oppressione fisica, culturale e politica, riprendendo in mano le tradizioni africane, la storia reale e non falsificata, e riacquistando la forza di opporsi al razzismo dominante in Sudafrica. Stephen Biko – a differenza di altri politici africani – aveva saputo far leva sulla dimensione psicologica di chi subiva ingiustizie, cercando – attraverso progetti specifici e concreti – di infondere autostima e coraggio in una comunità nera da tempo passiva. “Cambia la mente alle persone e tutto non potrà mai essere come prima”: era questo il senso del suo pensiero. Per smantellare l’apartheid in Sudafrica era necessario prima modificare la mente e la coscienza della gente oppressa, eliminando in loro quei sentimenti di disistima, di insicurezza, di soggezione verso l’uomo bianco maturati nell’arco di secoli di sfruttamento. Le idee promosse da Biko e dal movimento della Consapevolezza Nera non propugnavano un razzismo alla rovescia – come alcuni autori, politici ecc. – avevano sostenuto (e molti lo continuano a pensare), bensì erano una sottile, profonda analisi degli equilibri socio-culturali ed economici imperanti in Sudafrica. L’élite bianca e le grandi aziende sudafricane e le multinazionali straniere (in testa quelle statunitensi e britanniche) si arricchivano grazie allo sfruttamento di una manodopera nera a basso costo, priva di reali diritti sindacali, civili.
A leggere i giornali sudafricani di questi giorni si direbbe che il decesso di Biko non sia avvenuto 35 anni fa. Sembra che il suo ricordo sia ancora vivido tra la gente e tra quanti condividono ancora le sue idee, racchiuse nel bel libro I write what I like (Pan Macmillan South Africa, 2004).
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