Ci sono album che si comprendono subito, perché di facile presa o perché privi di particolari elaborazioni musicali. Altri, invece, si metabolizzano lentamente, ascolto dopo ascolto, poiché intrisi di sottili atmosfere sonore, che abbracciano vari stili e differenti culture. Massical, nuovo progetto firmato dall’eclettico Trilok Gurtu, a nostro avviso appartiene a questa seconda categoria. Bisogna assaporarlo più volte per capirlo sino in fondo ed elevarsi ad un livello alto, in un panorama musicale che talvolta appare saturo di produzioni banalmente concepite in funzioni delle vendite. Quando si parla del virtuoso di tabla, nato a Mumbay nel 1951 (l’allora Bombay), non si corre mai il rischio di cadere nella mediocrità, come conferma quest’ultimo lavoro, prodotto dallo stesso Gurtu in collaborazione con Carlo Cantini.
Ogni traccia rivela una storia, trasmette emozioni viscerali e ognuna rappresenta una porta che dischiude realtà lontane o vicine, a seconda della nostra prospettiva.
Il respiro dell’energia indiana vibra nel ritmo delle percussioni di Gurtu, e nella danza delle sue mani, che danno voce a tabla, djembe, kalimba, talking drum, cajon, udu.
Forte è il richiamo della sua terra d’origine, non solo dal punto di vista strumentale e degli accordi, ma anche nei temi che hanno ispirato i vari brani, a cominciare da “Dive in”, splendida composizione dal tocco struggente, per effetto dell’intreccio fra violino e sarangi, uno dei più noti e antichi strumenti indiani, capace di esprimere e toccare i meandri dell’anima. “Kuruksetra” è un chiaro riferimento alla Bhagavad Gita, importante testo sacro induista, in cui la narrazione epica − basata sul discorso del dio Krishna ad Arjuna, tenuto prima della battaglia − nasconde profondi insegnamenti spirituali, nonché etici. Per un ascoltatore occidentale o comunque lontano dalla cultura indiana è difficile comprendere pienamente tutte le sfumature racchiuse in Massical, al cui interno troviamo veri e proprio masterpiece, come “Pathri”, omaggio a Siddharameshwar Mahararaj, il cui titolo indica il tempio spirituale di questo guru indiano, figura importante per Trilok Gurtu.
Nell’album ci sono anche reminescenze dell’Africa del Nord (in “Mumbai Shuffle”), poiché forti sono i parallelismi tra i ritmi del Maghreb e quelli del subcontinente indiano, aree accomunate dall’uso di svariate percussioni, tra cui la tabla.
Se intenso è l’influsso dell’India, Massical non è affatto un album di musica indiana, come non lo sono i precedenti lavori di Gurtu. Pur avendo punti di riferimento nella tradizione sonora della sua terra, il famoso tabalco (virtuoso di tabla) ha sempre cercato di creare un incontro di stili e culture nelle sue composizioni. Per lui le classiche definizioni di genere non esistono, così come le frontiere geografiche sono pure astrazioni concepite solo per superarle. Lo dimostrano tracce come “Bridges”, “Etnosur” e “Massical”, capolavori che diffondono note di tolleranza e fratellanza fra i popoli. La musica di Trilok Gurtu è un ponte che collega luoghi e genti, tra loro distanti e differenti, ma pur sempre abitanti di un unico mondo. Questo linguaggio globale è percepibile dal coinvolgimento dei musicisti coinvolti in questo progetto: Ravi Chari, Roland Cabezas, Nitin Shankar, Phil Drummy, Johan Berby, Dilshad Khan, gli italiani Stefano dall’Ora, Mauro Ottolini, Massimo Greco, il già citato Carlo Cantini e il virtuoso sassofonista norvegese Jan Garbarek. Lo arricchiscono le vocalist Kalpana e Sabine Kabongo. Massical è un album per chi sa andare oltre steccati nazionalistici e abbraccia una visione ampia della realtà in cui viviamo. Ancora una volta la musica si dimostra un territorio di migranti, legati sì alla propria identità d’origine, ma aperti al dialogo, al confronto, alla costruzione di spazi sonori fondati sulle differenze. Chi crede ancora in un mondo non multietnico è fuori dal mondo reale. Massical esprime questa prospettiva esistenziale. Come si legge nel booklet del cd, la musica è un grande medium in grado di avvicinare gli uomini, “trasformando il mondo in un posto migliore in cui vivere”. E nelle note di “Bridges”, dove sax, violino, santoor e percussioni si stringono in un abbraccio corale, Trilok Gurtu sottolinea “Io credo nella costruzione di ponti, non di barriere”. Massical comunica questo e altro ancora…
Recensione di Silvia C. Turrin © consultabile anche qui e in forma pdf