L’arte africana, sia del passato sia contemporanea, continua ad affascinare e a stupire. Ci affiorano alla mente le parole di Curtis Keim, (professore di storia), il quale ha affermato che:
“Nel XX secolo l’arte africana ha compiuto un deciso balzo in avanti, passando da simbolo della natura selvaggia del continente a rappresentazione del suo genio”.
In effetti, se fino a circa un secolo fa l’arte africana era ritenuta esteticamente bella in quanto “esotica”, negli ultimi decenni è assolutamente evidente quanto le varie espressioni artistiche dell’Africa siano sempre più ricercate da collezionisti privati, gallerie, musei e fiere internazionali. E i protagonisti sono, oltre alle svariate opere tra loro eterogenee, gli artisti che le creano. I collezionisti o i semplici appassionati di arte africana contemporanea se, da un lato, amano scandagliare i significati delle varie opere, dall’altro, desiderano conoscere il background e la vita degli artisti. E il fermento intellettuale e creativo in Africa è quanto mai vitale. Basta considerare i percorsi di alcuni nuovi e affermati volti dell’arte contemporanea africana per comprendere pienamente tale dinamismo.
Dall’Angola, Ana Silva
Iniziamo con l’angolana Ana Silva. Nata nel 1968 a Kwanza Sul, Ana ha sviluppato un linguaggio artistico personale che tocca le dimensioni profonde dell’anima. Ha vissuto la guerra coloniale e poi la guerra civile. In un contesto sociale difficile non è stato facile per lei esprimere la creatività artistica. “La creatività è emersa attraverso l’esplorazione dell’ambiente che mi circondava”, ha spiegato l’artista. E proprio quei drammi le hanno permesso di dar vita a opere versatili, sia per i materiali usati, sia per le tecniche impiegate. Legno, metallo, tessuti, colori acrilico sono gli strumenti di partenza per sviluppare disegni, collage, quadri, o anche strutture realizzate con l’ossidazione del metallo. Tra le sue opere recenti troviamo interessanti quelle create utilizzando tessuti dipinti con scene e figure africane. Attraverso di essi, Ana Silva esplora i concetti di eredità e di trasferimento dei saperi tra le differenti generazioni di donne. Dal 2000, le sue opere sono state esposte in varie metropoli e capitali, tra cui Lisbona, Luanda, Parigi e Milano.
Dalla Costa d’Avorio, Joana Choumali
Joana Choumali è una fotografa nata a Abidjan nel 1974. Il suo lavoro esprime una particolare attenzione verso i mutamenti sociali e culturali non solo della Costa d’Avorio, ma più in generale dell’Africa. Tra i suoi progetti vi è quello intitolato Nappy! Questa parola indica l’omonimo movimento (in inglese natural hair movement), espressione estetica della presa di coscienza di sé delle donne nere, tramite la valorizzazione dei proprio capelli neri, afro e crespi. Il termine Nappy racchiude le parole “natural” (naturale) e “happy” (felice), per sottolineare l’orgoglio della propria identità, senza artifici estetici. Joana ha inoltre voluto addentrarsi negli slum di Abidjan, per raccontare le storie di persone “invisibili”. Tra i suoi più recenti lavori vi è Hââbré, attraverso cui narra in fotografia i volti incisi a scopo rituale, dell’ultima generazione di donne e uomini che hanno vissuto, appunto, la pratica, ormai divenuta desueta, delle scarificazioni sulla pelle.
La versione integrale dell’Articolo è pubblicata sul sito SMA Afriche
(a cura di) Silvia C. Turrin