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Riflessione sulla morte di Whitney Houston

48 anni.
Spegnersi a 48 anni per droga e alcolismo. Questa la fine – tristissima – di Whitney Houston, una donna che aveva tutto, o almeno in apparenza. Soprattutto aveva una voce straordinaria. La sto ascoltando: album del 1987 intitolato semplicemente Whitney. “Didn’t we almost have it all” o “Just the lonely talking again”, o ancora “For the love of you”, tre delle tante tracce che mettono in luce le sue capacità vocali, oltre che la forza e la bellezza del pathos che riusciva a trasmettere attraverso le sue vibrazioni sonore interiori.

Spegnersi a 48 anni. Leggo sulla stampa statunitense che l’abuso di droga e alcool era causato dal matrimonio devastante che ha avuto con Bobby Brown, cantante di talento, ma uomo privo di umanità.

La morte di Whitney Houston mi fa riflettere sulla direzione che sta prendendo questa nostra società occidentale, sulle emozioni umane, sulla dignità e sul rispetto reciproco, e anche sulla solitudine. Credo il suo male interiore fosse dettato proprio dalla solitudine, forse anche dalla mancanza di speranze verso un futuro più luminoso.

Il materialismo capitalistico, la rincorsa al successo e a raggiungere traguardi effimeri porta alla distruzione dell’anima.

Periferia di Beira, Mozambico - 14.10.2008 - foto di Silvia C. Turrin

Mi chiedo perché la VERA FELICITÀ finora io non l’abbia vista tra i volti occidentali, ma tra i bambini sorridenti del Mozambico, o nel nord dell’India, dove tutto sembra essere avvolto da una profonda spiritualità, nonostante le contraddizioni socio-economiche e il retaggio della cultura delle caste.

Spegnersi a 48 anni, nonostante l’agiatezza economica e la bellezza: una tragica fine che dimostra l’impermanenza di questo mondo materiale, che dimostra quanto sia importante nutrire la propria anima dando un senso profondo, dignitoso, non egoistico alla propria vita.

L’inquietudine interiore dovrebbe essere una forza per denunciare ingiustizie, una forza per evolvere come persona dimostrando integrità e coraggio in una società corrotta e ipocrita.

New Delhi - 26.05.2009 - foto di Silvia C. Turrin

“Siamo spiriti in un mondo materiale”, cantava Sting nel disco Ghost in the machine.

La mia speranza è che questo mondo materiale non soffochi più, né distrugga le nostre anime…

Ciao Whitney,
Silvia

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