Il Summit dei rappresentanti dei tre principali bacini forestali tropicali del mondo tenutosi a Brazzaville, è stata l’occasione per sottolineare quanto sia urgente proteggere le foreste, i polmoni verdi della nostra Casa Comune e importanti regolatori del clima globale.
Si è di recente concluso a Brazzaville il Summit dei rappresentanti dei tre principali bacini forestali tropicali del mondo, ovvero il grande bacino del Congo, l’Amazzonia e il Borneo-Mekong.
Insieme, questi bacini rappresentano l’80% delle foreste tropicali del pianeta, un vero scrigno di biodiversità.
Sebbene ci siano state diverse assenze, l’incontro si è rivelato importante perché vi hanno partecipato oltre 140 delegazioni, 18 organizzazioni internazionali, svariate Ong, e poi rappresentanti sia della comunità scientifica, sia della società civile e dei popoli autoctoni, oltre diversi capi di Stato e di governo.
L’evento si è tenuto dodici anni dopo la prima edizione. Un tempo molto lungo da un summit all’altro, ma viste le diverse urgenze ambientali da affrontare, la conferenza si è rivelata quanto mai necessaria. Tanti i temi affrontati: dalla deforestazione alla perdita di biodiversità, dagli effetti della crisi climatica alla tutela dei popoli locali.
L’intento principale della riunione è “costruire una coalizione mondiale per accelerare la transizione energetica”.
È ormai innegabile come la questione climatica e la protezione dell’ambiente siano centrali e tra loro strettamente collegati. I processi di deforestazione in atto in varie zone del pianeta sfiorano ritmi sempre più veloci. Distruzione e degrado delle foreste non fanno altro che provocare la perdita di specie autoctone.
Per quanto riguarda l’Africa, i paesi membri della Commissione del clima del Bacino del Congo sono: Angola, Burundi, Camerun, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo e Repubblica Democratica del Congo.
Occorre sottolineare che più di un quarto delle foreste vergini del bacino del Congo rischiano di scomparire entro il 2050 se la deforestazione continuerà.
Il Summit tenutosi a Brazzaville è stata un’occasione per capire a che punto è il degrado ambientale e come bloccarlo e invertirlo.
L’incontro ha confermato alcuni punti già evidenti da anni, ovvero la necessità di una stretta cooperazione fra Stati per proteggere biodiversità e risorse delle foreste, confrontandosi su conoscenze ed esperienze acquisite.
Questo Summit si può dire sia stato in qualche modo propedeutico alla Conferenza internazionale delle Nazioni Unite sul clima (COP 28), in programma a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre 2023.
La COP 28 è di estrema importanza per decidere quale direzione prendere per evitare una catastrofe climatica.
Come evidenzia lo studio “The 2023 state of the climate report: Entering uncharted territory“, condotto da illustri scienziati guidati da William J. Ripple:
“Gli effetti del riscaldamento globale sono progressivamente più gravi e l’ipotesi di un collasso sociale mondiale è possibile e pericolosamente inesplorato. Entro la fine di questo secolo, si stima che da 3 a 6 miliardi di individui – da un terzo a metà della popolazione mondiale – potrebbero trovarsi confinati al di là di quelle zone vivibili, costrette ad affrontare un caldo intenso, una disponibilità di cibo limitata e tassi di mortalità elevati a causa degli effetti del cambiamento climatico […]
Lo sfruttamento eccessivo del nostro pianeta dimostra che la crescita infinita e il consumo eccessivo da parte dei paesi e degli individui ricchi sono insostenibili e ingiusti. Sosteniamo la riduzione del consumo eccessivo di risorse; ridurre, riutilizzare e riciclare i rifiuti in un’economia più circolare; e dare priorità alla prosperità umana e alla sostenibilità”.
Oltre alle discussioni e, soprattutto, oltre all’attuazione concreta di politiche relative alle energie rinnovabili e alla fine dell’uso di combustibili fossili, la COP 28 dovrà considerare il tema della protezione delle foreste.
Le foreste non sono solo habitat essenziali per la vita animale, ma anche importanti regolatori del clima globale, poiché assorbono circa 1/3 delle emissioni di anidride carbonica derivanti dalle attività umane.
Se continuiamo a sfruttare le foreste tropicali gli effetti negativi si vedranno non solo a livello locale, ma anche globale.
La principale perdita nelle foreste tropicali è dovuta alla creazione di spazi per l’agricoltura, compreso l’allevamento del bestiame e la coltivazione da parte di piccoli proprietari terrieri. Altre cause includono l’espansione delle strade, gli incendi e il disboscamento commerciale. Anche i cambiamenti climatici e altri fattori hanno portato a siccità nelle regioni forestali.
Il Summit di Brazzaville è un’occasione per studiare, riflettere e agire su queste e altre questioni essenziali per la regolazione del clima sulla Terra.
Anziché guerre, oggi è venuto il tempo di rilanciare a gran voce la collaborazione tra i paesi per salvaguardare la nostra, unica, Casa Comune.
Silvia C. Turrin